La formica e i bravi comunicatori

Ho sempre diffidato dei “bravi comunicatori”, quelli che – come direbbero Beppe Viola ed Enzo Jannacci – “ti spiegano le tue idee senza fartele capire, o quelli che raccattano voti perché “sparlano bene”. Quelli che, aggiungo io, hanno ridotto la democrazia a mera ricerca del consenso – con i migliori saluti alla democrazia come partecipazione. Non occorre fare nomi: quelli “bravi a comunicare” li conosciamo bene.

Ecco, per capire la degenerazione cui è arrivata non solo la politica, ma anche (e soprattutto) la comunicazione politica, può essere utile rileggere  l’analogia che propone il filosofo Daniel Dennett, in Rompere l’incantesimo (trad. it Raffaello Cortina, 2007):

Passeggiando all’aria aperta – dice Dennet – se si presta molta attenzione, talvolta capiterà di vedere una formica arrampicarsi su per un filo d’erba, cadere, e risalire un’infinità di volte e senza sosta. Viene da chiedersi che guadagno ne abbia da quell’azione. La risposta è: nessuno guadagno. La formica quasi inconsapevole del suo comportamento perpetua l’azione senza che essa le porti nessun vantaggio. Il motivo che la spinge a quest’azione reiterata non è altro che la presenza di un parassita, il Dicrocoelium dendriticum, il quale per potersi riprodurre ha la necessità di entrare nello stomaco di una pecora; per fare ciò esso penetra nel cervello di una formica e la condiziona in modo da farla andare in cima a un filo d’erba così da migliorare le sue probabilità di entrare nello stomaco dell’ovino e potersi riprodurre. Non c’è nessun beneficio per la formica; semplicemente il cervello della formica è ostaggio di un parassita che lo infetta inducendola a un comportamento suicida. Sembra spaventoso. E lo è. Ma lo è ancor di più se si pensa che una cosa analoga succede anche nell’uomo.

Morale: attenti ai parassiti (che da noi si chiamano appunto “bravi comunicatori”) che ci entrano in testa senza che ce ne accorgiamo, e che prendono in ostaggio il nostro ospitale cervello.